3 siti archeologici sommersi in Grecia

Il mare. L’esplorazione. L’archeologia. È possibile coniugare queste tre passioni, che per la loro natura fondante sarebbe forse meglio chiamare «vocazioni»? Ovviamente la risposta è sì, soprattutto nella buona vecchia Grecia. Ma in che modo? – Chiederete. Attraverso l’archeologia subacquea, affascinatissima branca dell’archeologia tout court che può contare su strumenti d’indagine sempre più tecnologici e raffinati. Abbiamo stilato un elenco di siti facili da visitare, di quelli in cui l’archeologo autodidatta troverà grande soddisfazione personale a fronte di uno sforzo minimo: rimanere sospeso nello smeraldo liquido in muta contemplazione dei reperti. Credeteci: l’esperienza è magica, totalizzante. Anche quando non avrete più fiato in corpo e i polpastrelli saranno tanto raggrinziti da ricordare una prugna disidratata, vi verrà difficile staccare lo sguardo dai tesori sui fondali.

I siti archeologici sommersi che vi proponiamo si collocano a pochi metri di profondità, non necessitano dell’utilizzo di bombole e sono stati sperimentati direttamente da Grecia Mia. Avete bisogno di un ulteriore incentivo? Sono completamente gratuiti! Prendete maschera e boccaglio… si parte!

1. Pavlopetri

L’onore di aprire le danze spetta a Pavlopetri, sito antichissimo distante qualche pinnata dalle coste di Pounta, nel Peloponneso. Tanto per intenderci, si trova a meno di un chilometro dall’attracco del traghetto che porta ad Elafonisos, qui così vicina che è quasi tangibile. Proprio nel fatto che il fondale tra Pounta ed Elafonisos sia così basso o, meglio, nel perché sia così basso, risiede il segreto di questo luogo tanto affascinante.

Eh sì perché, laddove adesso c’è il mare, un tempo c’era per lo più terra, e su questa terra si era edificato. Pavlopetri sprofondò con tutta probabilità in seguito ad un terremoto avvenuto attorno all’XI secolo a.C., e non riaffiorò mai più. Se a questo aggiungiamo il famigerato fenomeno dell’innalzamento dei mari, il quadro è definitivamente chiaro. Da allora l’antica cittadina della Laconia giace lì, a 4-6 metri sotto il pelo dell'acqua, dolcemente lusingata (e lentamente erosa) dall’eterna carezza marina.

Il cartello con la mappa degli itinerari subacquei a Pavlopetri

Essendo stata fondata nel IV millennio a.C., in piena Età del Bronzo, Pavlopetri detiene un record: quello di essere la più antica città sommersa del Mediterraneo. Per cui, quando l’avrete scandagliata (solo con gli occhi, mi raccomando!) in lungo e in largo, nella vostra bucket list potrete mettere una spunta gigantesca, e con orgoglio raddoppiato.

I resti attualmente visibili coprono una superficie di 4 ettari e consistono in fondamenta in pietra  perfettamente conservate (la parte superiore delle costruzioni, realizzata con elementi in fango o in legno ricoperto di stucco, era troppo fragile per sopravvivere sottacqua), strade, tombe a cista o scavate nella roccia. Gli amanti dello snorkeling archeologico saranno aiutati nella loro visita da boe gialle, rosse e verdi ad indicare tre percorsi differenti: quello degli edifici, quello delle tombe a camera e quello delle strade. Le tombe a cista sono invece segnalate da un quadratino bianco apposto direttamente sul reperto e recante la scritta grave.

Tombe del cimitero preistorico, adesso a pelo dell'acqua

Sospesa tra passato e futuro, Pavlopetri fu scoperta nel 1967 da Nicholas Flemming ed in seguito mappata da un gruppo di archeologi provenienti da Cambridge. Il sito è tutelato come parte del patrimonio culturale subacqueo da una convenzione UNESCO del 2001, la Convention on the Protection of the Underwater Cultural Heritage, che salvaguarda tutte le tracce di vita umana subacquee più antiche di cento anni. Misura irrinunciabile ed improrogabile, poiché l’integrità residua di Pavlopetri è minacciata da ancore di imbarcazioni, che si incastrano nelle pietre e dragano il fondale, nonché da cacciatori di souvenir. Perché parlare di futuro a proposito di questa bella addormentata delle acque? Perché in quel paradiso caraibico che è la spiaggia di Pounta, per certi versi ancora più sfacciatamente bella della sua celebre sorella insulare, tanti edifici rimasti velati per millenni dalla sabbia chiara aspettano di tornare a splendere ai riflessi del sole. Chissà se e quando succederà...

Latitudine: 36.516531189691634
Longitudine: 22.987714656530276
Posizione sulla mappa

2. Antica Epidauro

Un’estate di nemmeno tanti anni fa una vacanza di Grecia Mia è iniziata proprio da qui, con la visione illuminante della città sommersa poco a largo della costa orientale dell’Argolide all’altezza di Antica Epidauro. Premettiamo che questa stessa cittadina, ad un’ora scarsa di automobile da Corinto, offre più di un motivo d’interesse per il viaggiatore che non si ferma alle solite tre attrazioni note.

Noi stessi abbiamo appreso che nel cuore del penisolotto corto e tozzo di Nisi, che da essa si protende nel mare, sorge il Piccolo Teatro di Epidauro, versione in miniatura del più grande e celebre che tutti amiamo. Il confronto è schiacciante: 2000 posti a sedere contro 12000, e a nessuno verrebbe mai in mente di mettere in dubbio i primati d’integrità e bellezza da sempre riconosciuti al teatro connesso al Santuario di Asclepio. Però la scoperta ci ha trasmesso comunque una scossa d’entusiasmo, dal momento che già il luogo in sé – con le sue distese fittissime di ulivi argentei e quell’onnipresente scorcio di mare dal blu tirannico – è di una bellezza profondamente greca. Ci ha permesso di percepire la forte vibrazione contadina della regione, a meno di due ore dalla tentacolare capitale del Paese ma già così irresistibilmente bucolica, remota. Il teatro, poi, promana la grazia commovente propria delle cose piccole ma perfette in ogni loro parte.

Il piccolo teatro di Epidauro, sul mare

Il Professor Vassilis Lambrinoudakis dell’Università di Atene si diverte a ricordare che, se non fosse stato per i maiali che scavavano il terreno in cerca di cibo, saremmo ancora ignari della sua esistenza. Ma per fortuna le cose sono andate diversamente, e adesso possiamo aggiungere questa chicca al nostro itinerario in Argolide, magari proprio come tappa contemplativa tra il teatrone che tutti conoscono, le tombe micenee che disseminano il territorio e la città sommersa.

Ecco, torniamo giusto alla regina del nostro capitoletto. Usiamo il termine «città» perché così viene chiamata in loco da un rugginoso, magnifico cartello che farebbe gola a tutti gli amanti di Cash or Trash, ma sarebbe più corretto parlare di villa. I bassi fondali offrono infatti alla nostra vista la struttura muraria di quella che con ogni probabilità doveva essere un’unica villa romana risalente all’età imperiale. Se il teatrino di Nisi era stato scoperto per caso dal contadino locale Christos Zafiris e dai suoi suini al pascolo nel 1970, questa dimora subacquea è stata rilevata solo un anno più tardi da una mongolfiera in volo.

Il cartello vintage e il molo che preludono alla Villa dei Dolia ad Antica Epidauro

Nella planimetria, facile da identificare un grande magazzino a pianta rettangolare con, all’interno, un elevato numero di dolium adibiti alla conservazione delle derrate alimentari di cui rimangono le ampie basi circolari. Il dolium era un contenitore globulare di terracotta, di dimensioni tali da poter contenere un essere umano, adatto alla preservazione di bevande e cibi liquidi come l’olio e il vino, o aridi come grano e legumi. È evidente che la Villa dei Dolia fosse solo una delle numerose dimore che, in virtù della loro posizione privilegiata all’epoca a bordo dell’acqua, prosperavano grazie ai commerci marittimi. Come nel caso di Pavlopetri, anche qui ad Antica Epidauro ci troviamo davanti ad un enorme (e forse infinito?) work in progress: è infatti pressoché scontato che l’innalzamento del livello del Mediterraneo abbia fatto sparire sotto la sabbia molte altre abitazioni simili a questa e che solo il tempo ed ulteriori scavi porteranno con sé la versione definitiva.

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Se dovessimo esprimerci in termini di difficoltà del sito archeologico, daremmo una valutazione ancora più ottimistica che per Pavlopetri: qui, infatti, le mura si trovano a soli 2 metri di profondità e, nei pressi dell'arco semicircolare che ricorda un'abside, bisogna resistere alla tentazione di sfiorarle con la punta del piede. Ma, si sa, c’è un solo modo corretto per approcciarsi alle antichità e consiste nel mostrare delicatezza e rispetto massimi. Quindi, invece che giù le mani, su i piedi!

Veduta aerea della Villa dei dolia © Athens Epidaurus Cruise

Latitudine: 37.62605749349388
Longitudine: 23.157329308817406
Posizione sulla mappa

3. Antica Asopos

Ci siamo imbattuti in questa città sommersa per caso, inebetendoci di zoom in e zoom out su Google Maps durante un tragitto Elafonisos - Mani. Come al solito ci stuzzicava l’idea di scovare un’attrazione tralasciata dalle guide, di quelle di cui spesso non si fa menzione al di fuori della Grecia non si sa nemmeno perché. Con gli anni abbiamo capito che si tratta di una buona metà delle cose da vedere, di cui esiste pochissimo materiale informativo spesso solo in lingua greca. Per reperirlo e portarlo a casa a mo’ di documentazione d’archivio ci vogliono determinazione e costanza da vendere. Ulteriore premessa: va da sé che, per dove si colloca, questo sito è una tappa ideale anche sulla via del ritorno (o dell’andata, dipende) da Citera o da Monemvasia.

Si tratta di una cittadina di fondazione tardo-ellenistica che conobbe il suo periodo di massimo splendore nel primo impero romano. Secondo l’antico viaggiatore Pausania, fu inizialmente membro della Lega Lacedemone e poi della Libera Lega Laconica, per cadere infine vittima di un terremoto nel 365 dopo Cristo. Il punto di riferimento moderno è costituito dal villaggio di Plytra (o Plitra), poche case disseminate in una valletta fertile fronte mare 700 metri a nord della nostra destinazione. I resti più massicci sono visibili anche attraverso una semplice passeggiata lungo la costa a partire dall’attuale porto e sono facilmente rintracciabili grazie alla segnaletica.

Segnletica per arrivare all'Antica Asopos © Massimo Pizzocaro

Tuttavia, dal momento che i reperti più affascinanti si trovano sottacqua, che avrete fatto la fatica di arrivare in questo luogo pacifico dimenticato da Dio e dagli uomini e che sicuramente farà un caldo… greco, perché non inforcare maschera e boccaglio e andare all’avanscoperta? Mi raccomando però, portate solo questo equipaggiamento essenziale: sono vietate pratiche subacquee più invasive con l’ausilio di bombole. Consigliamo spassionatamente anche le calzature da roccia, perché l’ingresso in mare è piuttosto scivoloso ed accidentato, fatto com’è di pietre taglienti cui la secolare erosione ha donato le forme più fantasiose.

Un po’ di storia su questo sito sommerso. Iscrizioni reperite negli scavi mostrano che anche Gaio Giulio Euricleo, il personaggio politico più influente della Laconia ai tempi di Augusto nonché suo amico personale, possedeva terre da queste parti. Durante l’impero romano, Asopos fu una delle città più importanti di Capo Malea ed uno dei maggiori centri della regione a sorgere sulla rete stradale di realizzazione coeva. Fonti reperite recentemente e vari resti architettonici testimoniano che rimase una cittadina prominente sino ai primi anni dell’impero bizantino.

Fondamenta a bagno © Massimo Pizzocaro

Sulla costa sarà possibile imbattersi in tombe, cisterne ed edifici vari tra cui almeno due ad uso termale, uno dei quali conserva pavimenti mosaicati. A sud-est del promontorio al di sotto di Plitra, già semisommersa, si può ammirare una grande struttura risalente all’epoca ellenistica le cui pietre del basamento provengono da antiche cave locali. Ad est del promontorio sono visibili i resti di quello che probabilmente era un molo, adesso inghiottito dalle onde.

Latitudine: 36.68489885439415
Longitudine: 22.842794665666812
Posizione sulla mappa

Architetture fantasmatiche a Plitra © Massimo Pizzocaro


Eccoci alla fine della nostra breve panoramica sui siti archeologici sommersi più facili da visitare in terra, oh pardon, in mare di Grecia. Si tratta di una selezione personale, effettuata con la consapevolezza che un Paese tanto antico e ricco di storia conservi molto altro ancora nei pressi delle sue coste, ed anche un po’ più in là di esse. Pensiamo, per esempio, al relitto di Peristera a largo di Alonissos, considerato di importanza tale nel mondo dell’archeologia subacquea da essere stato soprannominato “il Partenone dei relitti”. La nave affondata era, infatti, di una delle imbarcazioni commerciali più grandi di epoca classica e trasportava un enorme numero di anfore contenenti vino, per lo più ritrovate intatte. La rilevanza accordata al sito ha conosciuto concretizzazione istituzionale quando, nell’agosto 2020, si è deciso di costituire il Museo Sottomarino di Alonissos, aperto a tutti i sub dilettanti sotto la guida di sommozzatori esperti. Ma qui si parla già di bombole e di equipaggiamenti più sofisticati. Ed è tutta un’altra storia…

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Testo e foto: © Ilaria Badino, ad eccezione di dove diversamente indicato