A Leros in un batter d’ali
Astypalea sembra Cicladi ma è già Dodecaneso. Un confine invisibile quando l’orizzonte è solo mare, e vento. E fu proprio quest’ultimo a fregarci. Il piccolo Nissos Kalymnos, già sott’acqua per la sua disastrata economia, non poteva certo rischiare di naufragare per davvero, e non solo nei conti in banca. E noi che dovevamo andare a Kalymnos per isolarci dal mondo qualche giorno ad Emborios, ci siamo trovati con i piani sottosopra e una decisione veloce da prendere, perché non volevamo approfittare dell’ospitalità dei nostri anfitrioni di Astypalea, che ci avevano già coccolato per 5 splendidi giorni. Così abbiamo deciso di partire lo stesso in aereo e andare subito a Leros, una tappa avanti nel viaggio, una tappa indietro nel tempo, più lontani da Greenwich e dal progresso. Perché le Cicladi sono il massimo e il meglio, ma a questo punto avevamo bisogno di stimoli e colori nuovi, e serviva scalare ancora una marcia, e a Leros si può. A Leros ci si può addirittura fermare a tempo indeterminato, perché Leros è una vivace comunità di persone solari e che si sta dimenticando della brutta fama dovuta al suo manicomio. Perché è un’isola bella e intellettuale che non va d’accordo con il turista che cerca solo di fare il bagno, la troverà orrenda. Leros va capita, studiata nella sua italianità, Leros è stimolante quanto Lipsi è encefalogramma piatto oltre le sue spiagge da cartolina. In più, a Leros conosciamo un ristorante di quelli che da solo meritava il viaggio, e Katerina voleva fare il bagno a Kokkina che è una spiaggia proprio deliziosa; io volevo più pianura per correre rispetto ad Astypalea, e il golfo di Alinda è proprio disegnato per un runner. In definitiva eccoci, volo corto, 20 minuti, e subito transfer in hotel. Ovviamente nostro, non solo nel senso che lo proponiamo su Grecia Mia ma nel senso che lo sentiamo affine, grazie alla favolosa famiglia che lo gestisce. Cosa più gradita, George tifa Panathinaikos e ha giocato nella squadra di calcio di Edessa, la città di origine di Kate. Perché un viaggio è nulla senza le persone e la sensazione di casa.
E forse per questo, o forse perché siamo più vicini a dove termina l’Europa, si svela la sorpresa più bella: a Leros ritornano i regali. Piccole cose: marmellate, intrecci di vimini ed erbe selvatiche, miele, collanine. Facciamo appunto colazione con pane e miele sul balcone di Atlazia.
Le cicladi ci avevano un pò spiazzato dalla loro mancanza, a cui ci eravamo abituati negli anni. Come se queste isole si fossero un pò anestetizzate, come se la relazione tra professionisti del settore fosse diventata ancora più occidentale, anglosassone, più fredda, sempre corretta ma quasi ospedaliera, sterile. Una specie di incontro al BIT in infradito. Ci avevano un pò spiazzato, queste cicladi in salsa svizzera. Ricche da perdere quell’odore di sud che a Leros esiste ancora. Si ritorna indietro a quegli usi e costumi dei nostri nonni, meno contaminati dal denaro. Magari gretti e dal doppio fine, ma ingenui e sinceri. E con la semplicità troviamo nuove, nascoste forze, per un viaggio che supera il suo primo mese.