E poi c’é l’Italia, in Grecia. Lipsi
Lipsi ė una delle isole “capitali” per Grecia Mia. Il perché ė semplice. Ė piccola, tradizionale, bianca, ha un mare di quelli che non si dimentica, ma sopratutto, è bella. Lipsi ti fa riflettere sulla bellezza, squadrarla da tutti gli angoli, scendere alla radice dell’armonia per risalire allo zen della pace con sé stessi.
A Lipsi la bellezza non è mai soggettiva ma semplicemente un dato di fatto. Quasi una cura ippocratica di moderazione, appagamento, tramite la semplice perfezione degli elementi. Insomma Lipsi ė la forza taumaturgica dell’Egeo, mare solidificatosi in roccia e terra per il piacere di noi vacanzieri.
Ė anche un’isola importante per noi italiani, che nel mondo siamo famosi per averne esportato, di bellezza. In Grecia ci vedono ancora così e si inorgogliscono sotto i baffi che alcuni abbiano mollato tutto e si siano trasferiti a viverci tutto l’anno, nelle piccola Lipsi.
Alcuni hanno figli che vanno a scuola nella minuscola classe locale, altri fanno la spola tra Lipsi e Milano e quando sono sotto la madonnina non fanno altro a che pensare alla loro isola che non c’è, e che in realtà basta un volo e un traghetto per afferrarla quando si vuole.
Siamo qui, in una mattinata di Ottobre, perché Grecia Mia non esisterebbe senza raccontare la Grecia delle persone e dei luoghi, e allora sotto: Lipsi ė posh, ricca. Divisa in due, come le due sue anime. C’è la comunità italiana lipsiota, numerosa, e loro, i Manolis, le Vassoule, i Nikos. Il turista, che spesso appartiene ad un target medio alto, e (questo ė successo tante volte, credeteci) prima l’ha visitata e subito dopo ha comprato casa. Diretto. Al volo. Colpo di fulmine. Per questo troverete tanti aficionados e amatori, di quelli che esiste solo Lipsi e il resto non esiste. Di quelli che le isole greche sono tutte qui, racchiuse in una sola, come per magia. Hanno ragione? Probabile. Perché questo vecchia tana di filibustieri ė un elisir, un distillato delle isole greche più belle.
È curioso, stamattina, notare che questi due mondi, gli italiani e i greci, infine non si incontreranno mai. Nemmeno si cercano troppo a dire il vero, anche se a parole lo vorrebbero. Noi la sentiamo come nostra questa terra. Loro la hanno in eredità da secoli, e sembra non sappiano che farsene. Tra i nostri, c’è chi addirittura tra uno spritz e l’altro ne ha acquistata mezza, di Lipsi. Gente che la ama, non c’è che dire. Ci stanno simpatici e vogliamo bene a tanti, e ogni volta che scendiamo dal catamarano stiamo bene. Cene, tartare di pesce, il bello della nostra socialità, del nostro gusto, del nostro stile. Amiamo indiscutibilmente la Grecia. E a Lipsi lo dimostriamo con le nostre villette, soprattutto. E’ un amore puro e franco che non mettiamo in discussione nemmeno per un secondo. Per certi versi anche ricambiato. Sicuramente non indagato, però. Il melting pot, l’unione, quella no, non c’è stata, se non in minima parte. I binari delle due comunità scorrono paralleli, alla giusta distanza per non avere mai problemi, anche con il risultato di non avvicinarsi mai. Ognuno con la propria lingua. Ognuno con il proprio cibo. Ognuno con le sue squadre di calcio, inframezzato da un espressaki e due mezè da Nikos, insieme, tra sguardi sorrisi e pensieri non detti. Lipsi è l’occasione mancata. La dimostrazione che l’identità locale e la radice culturale delle proprie origini sarà sempre resistente a qualsiasi tentativo di integrazione, anche e sopratutto quando gli immigrati siamo noi. Vallo a spiegare alla Boldrini, Andre. Non siamo tutti uguali. Per me è bello sia così.